23 maggio 2020, di Maruzza Dardanoni

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Quest’anno il 23 maggio non mi recherò come ogni anno, dal 1992, all’albero di Falcone, non arriverà la nave della legalità con i ragazzi da tutta Italia.

Nessun corteo, niente palloncini nel cielo e scolaresche con i loro cartelli.

Nulla.

Potrei immaginare di sospendere il tempo e pensare che nulla è accaduto, che Falcone e Borsellino sono ancora vivi, e che il corona virus non esiste.

Ma so perfettamente che non è così: Falcone non c’è più ma è dentro ognuno di noi, sempre, ogni giorno, e come per pregare non occorre che le chiese siano aperte, per ricordare Giovanni, come del resto lo ricordo sempre, non occorre andare per strada: per questa volta, canterò dal balcone “i cento passi”, lascerò volare un palloncino e mi stringerò nel cuore con tutti gli uomini buoni, liberi, che camminano ancora sulle idee del Giudice.

Stringerò nel pensiero Giovanni Paparcuri che mi ha aperto le stanze dei ricordi, abbraccerò il cielo con lo sguardo sapendo che Falcone è lì con il suo sorriso eterno, con i suoi pensieri che mai ci abbandoneranno a parlare con Paolo Borsellino, uniti nell’eternità, nella speranza di poterlo, ancora una volta, onorare come merita insieme a Borsellino il 19 luglio.

Le mie lacrime saranno le stesse, la mia speranza sempre viva che il Suo sacrificio e quello di tutti gli uomini morti in nome della giustizia per sconfiggere la mafia non sia stato vano.

Questo tempo sospeso di dolore e precarietà non deve toglierci la fede in un mondo migliore: io personalmente non glielo permetterò.

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