Il bugiardino della scuola: come evitare le discussioni farneticanti sulla dad, di Carlo Baiamonte

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Nella società dell’informazione in rete e della discussione globalizzata può sembrare strano ma accade che per alcune analisi su temi caldi e urgenti sia auspicabile porre forme di autocensura.

Di nuovo genere, non quella tradizionale che va bollata come reato contro la libertà di opinione e di espressione ma una forma di autocontrollo per contenere una nuova malattia che si è diffusa, superando tutte le restrizioni, con l’esperienza collettiva della pandemia.

Dentro l’oceano affollato da virologi, esperti di logistica, epidemiologi, economisti e analisti dei servizi segreti e delle reti informatiche ne leggiamo e sentiamo di tutti i colori ma sul tema della scuola possiamo contare su un esercito di pedagogisti e di educatori, neppure troppo nascosto, pronto ad esprimere opinioni ed una visione permeata di qualunquismo e odio viscerale verso i docenti che se ne occupano.

Volontari che fanno massa e danno grave, ora non quantificabile, ad un sistema complesso e variegato per interessi, ruoli e compiti.

La scuola coinvolge milioni di famiglie e di studenti oltre che un milione e mezzo di lavoratori (800.000 solo i docenti stabilizzati).

Tralasciamo la crisi strutturale della scuola italiana e la debolezza di tutte le politiche scolastiche, una consapevolezza che vanta un’abbondante letteratura e che vale per tutte le stagioni. Anzi, tra le ultime gestioni del dicastero dell’istruzione, quella di Lucia Azzolina mi sembra vicina ad una sensibilità diffusa che vuole ancora riconoscere un ruolo alla scuola.

La ministra (o sarebbe meglio scrivere l’ex-ministra) in continuo affanno, veicolata da un tipo di comunicazione incapace di sollevarsi dal piano emotivo, povera di cognizione organizzativa ed effettuale, ha mostrato caparbietà e piene intenzioni, forse, addirittura, buonafede.  

Quando penso agli avvicendamenti dei ministri e dei sottosegretari della scuola mi viene in mente la relazione, forte negli anni ottanta, tra gli eroinomani e la politica. Come mi raccontava un amico che oramai sta bene ed è diventato anche nonno, quando dipendi dall’eroina non c’è più la destra e la sinistra, pensi solo a salvare la pelle. La scuola italiana assomiglia ad un affare in cui, da ministro o ministra, non devi e non puoi migliorare il prodotto, fare impresa (a causa di un equivoco di fondo), promuovere il servizio pubblico, accrescere la democrazia ma solo salvare la pelle.

Da Marzo 2020 però la crisi della scuola assume una portata storica, mai conosciuta prima. Così come alcuni settori dell’economia, lo sport e la medicina territoriale si è trasformata nell’erma bifronte della pandemia che continua a seminare panico e morte. Si è generata una discussione pubblica e un finto debate sulla scuola in presenza o in Dad, con una polarizzazione costante di parti sociali che esprimono però interessi diversi e scarsa propensione ad allearsi.

Allo stato di fatto non vi è alcun sondaggio o ricerca di settore, qualitativa e di prima mano che rilevi l’efficacia della dad in sintonia con i sorrisi e gli scambi di complimenti sulle chat dei professori che risulterebbero particolarmente performanti.

Nessuna polemica con i colleghi che ancora riescono a provare un sentimento di gratificazione da remoto, anzi c’è da esultare perché, probabilmente, si tratta di una gratificazione retroattiva che vive di ricordi e di quanto è stato seminato prima, quando riuscivamo a guardarci negli occhi. Di contro è già disponibile una soddisfacente letteratura sulle conseguenze negative e a lungo termine della dad, uno strumento che usato nel deserto dello spazio vitale rappresentato dalla comunità scolastica, attiva paranoie, esalta l’ego, nasconde le difficoltà di apprendimento. Nevrosi  del post moderno in dad, documentate recentemente sull’Espresso, frutto di una ricerca commissionata dal miur all’Ordine Nazionale degli psicologi.

Le scuole superiori sono chiuse da marzo. La chiusura giova alla comunità: agli alunni, alle famiglie, ai docenti. Compenserà probabilmente la violazione delle restrizioni ad opera di una bella fetta di popolazione che si è trastullata durante le festività. La scuola nell’immaginario pandemico  è un vettore, un luogo pericoloso, un potenziale focolaio che potrebbe incrementare le infezioni. Non si riapre, non adesso e se ne discute con una pletora di opinioni che affondano nel sentimento di paura dei lavoratori. La scuola è però assenza, scomparsa, rapimento del progetto formativo, dissolvimento della relazione, comunità fantasma. La scuola la chiudi e basta, non necessita di ristori. I dati sulla circolazione del virus al tempo delle scuole aperte sono incompleti perché dopo sole sei settimane è saltato il tracciamento, per cui è difficile comprendere il grado di rischio epidemiologico correlato.

Dicevamo della censura, di parole che nominano le cose e le trasformano in altre cose. La dad da strumento didattico nel dibattito pubblico si è trasformata in una ideologia tecnocratica degna delle più grandi utopie o distopie, dipende dai punti di vista. Sicuramente, senza alcuna colpa, la dad che consente ancora un residuo di relazione con gli alunni annebbia la vista, sposta l’asse della riflessione, costringe ad una virata rispetto alla discussione sulla scuola intesa come servizio pubblico che avremmo dovuto avviare dieci o vent’anni fa. Qui il virus non c’entra nulla e nemmeno la disponibilità dei posti di terapia intensiva.

Più grave del potenziale rischio rappresentato dalle scuole aperte è questa  riduzione della dialettica sulla scuola ai termini basici della dad che funziona o non funziona. Assistiamo ad una liberazione radicale – complici gli stessi docenti – dalla possibilità di immaginare soluzioni diverse, di arrabbiarsi e manifestare disaccordo e frustrazione. Ci si accontenta pressoché in silenzio, da remoto, con tutti i filtri e le disconnessioni nel chiuso delle case, in questo finto smartworking, solipsistico e atipico, al punto che non è previsto nemmeno dal contratto.

Ci si può accontentare dei consigli degli psicoanalisti televisivi, credere che vada tutto bene e che dobbiamo fare risorsa delle nuove modalità. Intanto un pezzo di presente e di futuro per la fascia degli adolescenti è già volato via.

Carlo Baiamonte:

un breve profilo dell’autore: http://www.palermofelicissima.it/2021/01/19/carlo-baiamonte/

testo e foto dell’autore

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