Un bicchiere di Mojito (di Marcello Troisi)
Racconto di Marcello Troisi
Quando entrai nella stanza, vidi mio padre ormai vecchio che stava li di spalle, ad armeggiare nel rudimentale lavello.
Davanti a lui la finestra luminosissima si affacciava sulla baia di Santiago, mentre continuava ad armeggiare con qualcosa.
Ero arrivato a Cuba di mattina presto da Milano per venire a trovarlo dopo tanti anni di lontananza.
Si era voluto trasferire qui dopo la pensione. Diceva che qui gli bastava tutto, ed era vero: sulla spiaggia teneva una barchetta per andare a pescare e si era costruito degli attrezzi appuntiti per fiocinare i pesci, immergendosi.
Immergersi a quell’età era rischioso ma io, stando lontano, non avrei potuto controllarlo e d’altronde, mi disse una volta: se devo “restarci”, meglio qui che in fondo ad un letto!
A quanto pare però di “restarci” non se ne parlava perché lo vedevo abbronzatissimo.
La casa era piccola e molto rustica, una casa di pescatori “sistemata”, più che ristrutturata ma manteneva tutto il fascino delle vecchie case cubane. Le autorità gli avevano detto che era una costruzione di Importancia Histórica e tutelata perché era una delle pochissime casette originali autentiche della baia.
A Milano avevo lasciato l’inverno e gli acquisti natalizi, partendo per le vacanze dal mio lavoro alla Società Finanziaria, mentre qui sembrava già essera arrivata l’estate e il mare luccicava sotto il sole di mezzogiorno. A casa di mio padre, l’alberello di Natale decorato con stelle marine e conchiglie mi pareva anacronistico.
Gli chiedo: con cosa stai trafficando?
Un Mojito! Mi risponde. Ne sto preparando due bicchieri. Uno è per te, Alfio.
Un Mojito? Mah, mi dico, a Milano lo prendo con gli amici alla “Bodeguita del Medio”, nome che riprende quello del ben più famoso Bar dell’Avana.
Alla “ Bodeguita” di Milano il Mojito è insuperabile ed è considerato fra i migliori in assoluto.
Comunque accetto anche per non dispiacerlo.
Finisce di frantumare il ghiaccio con un pezzo di legno, aggiunge quel tipo di menta che qui si chiama hierba buena e la pesta pochissimo sul succo di lime e zucchero già sciolto, aggiunge il ghiaccio poi, da una bottiglia di Ron Blanco di marca piuttosto “dubbia”, versa il Rum nei due bicchieri, aggiunge la soda e infine insieme ci spostiamo sulla terrazza in legno, dove ci dirigiamo verso due vecchie sedie impagliate, davanti al mare.
Un filo di brezza marina mi porta l’odore della sabbia umida e delle alghe secche, uguale in tutto il mondo.
Non penso che mio padre sappia fare un Mojito, mi dico: ormai gli anni gli hanno tolto la memoria, l’elasticità, la velocità, l’intuito, i riflessi…
Ci sediamo, mentre lui mi guarda e ammicca sorridendo con aria sorniona sollevando verso di me il suo bicchiere a mo’ di brindisi.
Sollevo anch’io il bicchiere poi butto giù un sorso.
Improvvisamente, il profumo, il sapore, la sensazione di fresco bruciore mi sollevano con la mente da quella sedia e mi portano in alto, al disopra della casa, a contemplare con precisa esattezza la bellezza di quell’angolo di baia. Mi rendo veramente conto di dove siamo.
Mi guardo attorno e vedo di nuovo lui che mi guarda divertito.
Un secondo sorso e riparto con la mente in volo verso la mia casa di Milano per dire agli amici: “Ma quale Bodeguita di Milano, pirla!”, poi ritorno indietro, e ancora più indietro, indietro con gli anni.
Ricordo il profumo della primavera nel nostro giardino in Sicilia, ricordo la casa di pietra e la caccia alle lucertole, il caldo d’estate e la pasta al forno della mamma.
Ricordo i bagni con mio padre che mi insegnava ad immergermi e a prendere i ricci e il loro odore quando li aprivamo. Ricordo com’ero e com’eravamo, perché avevamo poco e tutto era più semplice ed eravamo spensierati.
Mentre volo con la mente, un altro filo di brezza, che stavolta proviene dalla sabbia, mi porta l’odore delle canne secche sul mare e l’odore di polvere della stagione cubana.
Mi rendo conto di avere gli occhi lucidi, mentre mio padre sorride al mare.
Penso che resterò per sempre qui.
Marcello Troisi