Shakespeare in Sicilia – di Marcello troisi

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Shakespeare in Sicilia

Shakespeare sapeva tante cose dell’Italia e molti pensano che conoscesse l’Italia perché era italiano, anzi, siciliano! Ma è una teoria.

La teoria non è mia, ovviamente, anzi risale al 1902 ma ancora oggi solleva tante questioni, dubbi e curiosità.

I siciliani, al solito loro, in maniera “felicissima” vogliono riprendersi William Shakespeare.
Il ragionamento è questo: uno che nasce a Stratford on Avon perché mai ambienta 15 dei suoi 37 drammi in Italia?
Lo stesso titolo “Much ado abuout Nothing (Molto rumore per nulla)” richiamerebbe il racconto “Tantu trafficu ppi nenti” scritto da Michelangelo Florio nel 1579, mentre il volumetto “I secondi frutti“, scritto sempre da Florio e pubblicato nel 1583, conterrebbe molte citazioni di proverbi presenti nell’Amleto, scritto molti anni dopo.

Il presidente del consiglio comunale di Messina, Giuseppe Previti, ha inviato una lettera alla Regina Elisabetta II, all’ambasciata italiana a Londra, al ministero per i beni culturali e a quello per gli affari esteri, per affermare le origini siciliane del drammaturgo.
Esagerando (secondo me), il consiglio comunale di Messina ha concesso lo scorso 8 agosto la cittadinanza onoraria post mortem a Shakespeare e l’inserimento del suo nome nell’albo degli uomini illustri

La scoperta

La storia ha inizio all’inizio del Novecento, quando il giornalista italiano Santi Paladino (1902-1981), trova per caso nella biblioteca paterna un antico libro, intitolato “I secondi frutti”, firmato da Michel Agnolo Florio. Leggendolo, Paladino scoprì che molte frasi di quel libro erano identiche a quelle contenute nelle opere di Shakespeare. Un caso di plagio? Impossibile: quel libro era stato stampato nel 1549, circa 50 anni prima della comparsa delle opere shakespeariane, anzi prima ancora della nascita del poeta (1564). Come si poteva spiegare tutto ciò?

Alcuni studiosi sostengono infatti che William Shakespeare sia proprio lo stesso Michelangelo Florio, nato a Messina il 23 aprile 1564 (stessa data del drammaturgo) da Giovanni Florio e Guglielmina Crollalanza. Scappato in Inghilterra per sfuggire all’Inquisizione, Michelangelo avrebbe preso nome e cognome della madre trasformandolo nella traduzione letterale inglese, William Shake(scrolla)-Speare(lancia).

Paladino scoprì che Michelangelo Florio era il figlio del medico Giovanni Florio e della nobildonna Guglielma Crollalanza, nato a Messina e poi fuggito a Treviso con la famiglia, di origine ebraica e religione calvinista, per sfuggire alla persecuzione religiosa dell’Inquisizione (la Sicilia era allora sotto la Spagna).

Rinvenne dagli atti di nascita che Michelangelo era nato a Messina il 23 aprile 1564, stessa data di nascita di William Shakespeare, che il cognome Skahespeare si otteneva traducendo il cognome materno e che William era il nome di un cugino della madre, residente proprio a Stratford e morto prematuramente.

Il giovane Michelangelo Florio studiò a Venezia, Padova e Mantova; viaggiò molto, visitando Danimarca, Grecia, Spagna e Austria, e diventò un umanista di grande cultura, ricercato come precettore dalle famiglie più ricche d’Europa. Grazie all’amicizia con Giordano Bruno, che aveva buoni rapporti con i conti di Pembroke e Southampton, nel 1588 Michelangelo Florio raggiunse Londra, dove fu assunto come precettore di lingua italiana e latina della futura regina Elisabetta I.

Agli inglesi la tesi di Paladino risultò indigesta, e corsero immediatamente ai ripari. Dopo una visita a Roma di Winston Churchill, il regime fascista di Benito Mussolini ordinò l’immediata chiusura dell’Accademia nazionale shakespeariana, nata a Reggio Calabria per iniziativa dei cultori della tesi del Paladino. E sull’origine italica di Shakespeare calò il silenzio.

Martino Iuvara

Nel 2002, un docente di letteratura in pensione, Martino Iuvara, approfondì ulteriormente le ricerche su Florio-alias-Shakespeare, mettendo in risalto alcuni altri dati interessanti e quasi incontrovertibili.

Bufale

Ho letto tanto su questa storia interessante ma c’è nell’aria odore di Bufala o, quantomeno, c’è chi si è divertito a metterci su del pepe.

Per esempio ho letto che due compagni di studi di Michelangelo Florio, durante il suo soggiorno in Danimarca, si chiamavano Rosencrantz e Guildenstern, come i due ambasciatori nell’Amleto.
– Ché, andarono a trovare i nomi nel registro scolastico della Danimarca del millecinquecento? Finiamola.

Ho letto anche che “Antonio e Cleopatra” fu ambientato a Messina…
– Ma quando mai?!

Hanno scritto: Perché mai dovrebbe inserire nella sua commedia “Much ado abuout Nothing” alcune espressioni tipicamente siciliane tipo “mizzica“?
– Questa parola non l’ho trovata nel testo…

John Florio

Tutto quello che viene reso come ipotesi in questa ricerca, è però un fatto storico per gli Inglesi, attribuito a John Florio, grande amico di Shakespeare, umanista, traduttore e istitutore di rampolli di Reali Casate, qui nel ritratto a fianco, in effetti molto simile a William Shakespeare.John Florio

A lui sono attribuiti i testi: “Primi Frutti”, “Secondi Frutti” e molte altre opere.

Alcuni pensano che possa esserci aria di complotto e che John fosse, non amico di Shakespeare  ma il suo alias, cioè che John scrivesse con lo pseudonimo di Skakespeare.

Può darsi. Ho trovato sul web questo ritratto di John Florio e la somiglianza con Shakespeare è notevole…

In effetti cosa cambia? “Tanto rumore per nulla!”, dico io! Cosa toglie o aggiunge alla grandezza letteraria dell’autore? Nulla. Forse il fatto di sapere che Shakespeare poteva conoscere la Sicilia e l’Italia ci spingerà a leggerlo di nuovo, di più o per la prima volta.

La storia è comunque “felicissima” e mi ha ispirato il fotomontaggio di Shakespeare alle pendici dell’Etna, con tanto di “Pale di Fichidindia” e occhiolino. Se fa ridere per l’assurdità: mea culpa.

[Marcello Troisi]

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