GRACIAS A LA VIDA, di Valeria Paleologo

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Amo la vita.

Mi piace ridere, scherzare, giocare, stare con gli amici, cantare, ballare… ma spesso, nella scelta dei libri, mi lascio prendere da storie drammatiche.

Forse, in questi giorni così pieni di ansia e incertezza, sarebbe meglio privilegiare qualche lettura meno emotivamente impegnativa, ma preferisco coltivare i miei interessi e seguire le mie inclinazioni. 

Così, vorrei parlarvi non di uno, ma di tre libri che ho molto amato. 

Tre autori molto diversi, tre storie che mi hanno coinvolto e commosso, accomunate da una sofferenza e da un dolore profondo che ha lasciato in ciascuno di loro una traccia indelebile e che ha contribuito a renderli quello che sono: un’esperienza traumatica, il suicidio della propria madre in seguito ad una grave depressione, quando erano bambini o adolescenti. 

Il primo libro è” Una storia di amore e di tenebre” del grande Amos Oz, che proprio in questo libro parla della morte della madre, avvenuta quando aveva 12 anni. 

Gli autori degli altri due libri sono italiani.

Il primo è Massimo Gramellini. Il suo “Fai bei sogni” mi ha commosso moltissimo. 

E’ la storia di un bambino, di appena cinque anni, al quale fanno credere che la madre sia morta per una malattia e che scoprirà la verità solo da adulto. 

Tutta la sua vita ne verrà stravolta. Le carenze affettive e il senso di abbandono saranno superate solo quando accetterà la verità e la sofferenza, vincendo il timore di vivere. 

Il terzo libro è “L’estate del ’78” di Roberto Alajmo. 

E’ ambientato a Palermo, negli anni della mia adolescenza, nei luoghi che noi giovani frequentavamo abitualmente, Mondello in primis. 

Nel libro emerge la figura della madre, una donna moderna, estremamente sensibile, strana, insolita per i tempi, indipendente, eccentrica anche a causa dei farmaci che le causavano dipendenza. 


Tre romanzi autobiografici in cui il suicidio della madre viene vissuto come un abbandono, un tradimento. 

Ma sono proprio i momenti più difficili, le esperienze più dolorose che ci rendono quello che siamo, più forti, più consapevoli, più aperti agli altri, più propensi ad apprezzare anche le gioie più piccole della vita. 

Hakuri Murakami, in “Kafka sulla spiaggia”, scrive “…quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla ed a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato...” 

Speriamo che sia davvero così. 

Gracias a la vida 
que me ha dado tanto 
me dio dos luceros 
que quando los abro 
perfecto distinguo 
lo negro del blanco…

foto e video dal web

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