Il Dito Sinistro di Francesco De Grandi: appunti su un cellulare. Dalla pittura all’arte pubblica

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Da Artribune riceviamo e pubblichiamo un interessantissimo articolo di Helga Marsala

SULLA FACCIATA DEL CASTELLO DEI VENTIMIGLIA, A CASTELBUONO, IN SICILIA, SPUNTA UNA STRANA INSTALLAZIONE LUMINOSA. CHE ARRIVA DA LONTANO: DALLO SCHERMO DI UN CELLULARE, NIENTEMENO. QUESTA È LA SUA STORIA. SCRITTA, COL DITO SINISTRO, DA UN PITTORE.

Un segno veloce, tremulo, sbadato, tracciato a occhi chiusi e senza troppo pensare. Schizzi acchiappati per aria, lettere rosse su fondo neutro, un telefono, un tablet, una roba elementare. Sono cose fatte “con la mano sinistra”, come si dice quando l’impegno è minimo, l’attenzione variabile, la consistenza quella di un appunto, un ritornello, un fischiettare lieto. E in questo caso, per la precisione, è col “Dito Sinistro” che si scrive. C’è molta ironia, in questi pizzini digitali che Francesco De Grandi – tra i maggiori pittori italiani emersi negli ultimi vent’anni – colleziona con una ritualità indefessa, pubblicandoli fin dal 2015 sui suoi profili Instagram e Facebook. Nessuna cadenza particolare e i temi che cambiano random, all’impronta, lasciandosi guidare dall’istinto e dalla cronaca quotidiana: una forma di ‘istant writing’, comunicazione leggera sintonizzata su fatti di politica, costume, cultura. “Dito Sinistro”non sono altro che dei post-it virtuali, lanciati in Rete come messaggi senza scopo, senza autore, senza ordine né calendari.
Arte pubblica: così è il caso di definire piccoli o grandi progetti di questa natura, evidenziandone il carattere volatile, orientato alla condivisione e alla circolazione casuale sul web. Forme di divulgazione creativa che restano effimere, in questo caso scegliendo un timbro giocoso eppure serio, quando l’artista scaglia frecciate lievi su questioni roventi: razzismi, fascismi, stereotipi, populismi, vizi, gaffe e inciampi della politica o del cittadino medio. Il tutto condito da espressioni dialettali, sarcasmo, doppi sensi, disegnini irriverenti. Un po’ graffiando, un po’ sdrammatizzando.

Dito Sinistro (Muos)
Dito Sinistro (Muos)

DAL WEB ALLA STRADA. I POSTER A PALERMO

Arte pubblica, dicevamo. Scansando con attitudine punk la preoccupazione per la forma – cosa ancor più interessante per chi a una pittura raffinata e colta ha dedicato l’esistenza intera – e puntando invece sull’idea, su una pratica minuta e quotidiana. Pratica capace di generare, a sua volta, processi nuovi: dallo spazio virtuale allo spazio urbano il passo è stato breve.
Quando nell’ottobre 2019 il palermitano Festival delle Letterature Migranti, diretto da Davide Camarrone, chiese a De Grandi un’immagine per un bel progetto diffuso di poster-art, lui scartò immediatamente l’ipotesi – effettivamente forzata – di un dipinto o un disegno da riprodurre tra i billboard commerciali messi a disposizione sul territorio. Meglio piazzarvi un gigantesco appunto, fatto col ‘dito sinistro’: scrivere sui muri, agganciandosi alla straordinaria tradizione dei Graffiti, e insieme flirtare con la pubblicità, con i social network, col ricordo del caro vecchio taccuino. La città come una gigantesca Moleskine.
Arrivarono così i manifesti, con una scritta a stampatello infinitamente ingrandita: ALL YOU CAN HATE. Ironico calembour, che trasformava la tipica formula “a prezzo fisso”, esplosa tra i consumatori di sushi a buon mercato (“allyou can eat”), in uno slogan al vetriolo dedicato alla voce dell’odio. La stessa voce che oggi risuona miseramente fra talk show, giornali, partiti politici e sentiment popolare.

Dito Sinistro
Dito Sinistro

DALLA STRADA AL MUSEO. UN’INSTALLAZIONE A CASTELBUONO

Poi un’altra evoluzione, tornando – in un bizzarro percorso all’incontrario – verso forme più tradizionali d’arte pubblica: dopo i post-it su Facebook, dopo i poster in strada, ecco una mega installazione luminosa realizzata per il Museo Civico di Castelbuono in occasione del Natale 2019 e visibile fino alla prossima primavera. Su invito della Direttrice, Laura Barreca, De Grandi ha trasformato una delle sue frasi a misura di smartphone in una scultura di luce, grande 9 metri per 1.90. Forte l’impatto, nel cuore del noto centro madonita, a illuminare le notti di festa e la poderosa facciata del Castello dei Ventimiglia, sede museale e oggi centro di produzione culturale particolarmente attivo, con una bella vocazione per il contemporaneo di qualità.
SACRO REFUGIO è un segno rosso fuoco inscritto sul prospetto severo del museo e incastonato in un paesaggio di montagna, a voler praticare due slittamenti: la tradizionale luminaria natalizia diventa una presenza straniata, attuale, “sinistra”, un po’ sbilenca, a contrasto con la natura storica del luogo, quasi fosse malamente scritta a mano sulla pietra; e poi di nuovo un detournement, dall’intimità leggera di un rapido schizzo, all’ufficialità del corpo scultoreo, commissionato dall’Istituzione e posto sulla soglia tra l’interno della fortezza e la città.

Dito Sinistro per il Festival delle Letterature Migranti, a Palermo
Dito Sinistro per il Festival delle Letterature Migranti, a Palermo

PER UN’ETICA DEL RIFUGIO

Brillano, e pesano, le due parole arcaiche e sempre contemporanee, con le loro molte declinazioni, a partire dal ricordo di quell’umile giaciglio in cui una giovane coppia di Nazareth trovò riparo, 2000 anni fa, compiendo la volontà di Dio e della Storia.
Rifugio è l’approdo, la terra ospitale, la salvezza temporanea, nel riferimento dichiarato al tema dei migranti, dei profughi di guerra, dei sens papier, di chi non ha pace né patria, scontando persecuzioni, disastri climatici, conflitti, miserie.
Rifugio è un posto nel mondo da trovare, che non sia sangue ma cultura, che sia lettura, conoscenza, parola, e ancora immagine simbolica, archetipo, icona, memoria, ventre profondo o superficie di proiezione.
Rifugio è conforto laico o religioso, di legami orizzontali o di slancio verticale, di volontà o di preghiera, di famiglia che è famiglie, in ogni forma libera di foedus e di autentica relazione.
Rifugio è Stato, Legge, moderna carta dei diritti e sapienza dei doveri, ed è finalmente Europa, dunque culla filosofica, democrazia, origine mitologica.
Ma rifugio è il museo stesso, tra gli ultimi baluardi – in crisi e in trasformazione – del sapere come appartenenza e dialogo globale. In questo caso quel Castello vecchio mille anni, in cui è custodita la reliquia madre – il teschio di S. Anna, Patrona di Castelbuono – e che un’intera comunità riconosce come casa. Ma che oggi è anche luogo di produzione artistica e di doverosa riflessione sul presente.

Francesco De Grandi/Dito Sinistro, Sacro Refugio, 2019. Museo Civico di Castelbuono. Ph. Valentina Minutella
Francesco De Grandi/Dito Sinistro, Sacro Refugio, 2019. Museo Civico di Castelbuono. Ph. Valentina Minutella

Da tutta questa catena di “rifugi” viene l’auspicata consapevolezza di ciascuno dinanzi al mondo e alle persone. Da qui, tra radici e futuro, si definisce quella coscienza civica che transita anche dal piano dell’estetica, in quanto spazio di linguaggio e di condivisione.
E intanto l’arte guarda come sempre altrove. Non potendo essere ‘rifugio’, invece, per sua natura: non rassicurante, non conforme, mai del tutto conosciuta, sempre in transito, non accogliente, non docile, non intimista. Un campo aperto piuttosto, una sfida a prescindere, un sentiero irregolare e un gesto radicale, una storia scritta al buio.
Che poi è l’unico suggerimento da offrire a chi, all’interno della comunità castelbuonese, ha storto il naso dinanzi alla strana opera, non religiosa e non pittoresca (per fortuna), disarmonica, spirituale a modo suo, così diversa e così ‘stonata’, così politicamente orientata. Piccoli turbamenti sbocciano, di tanto in tanto, tra le strade di provincia e le grandi città, a ridefinire pratiche di attraversamento, a disorientare sguardi, a modificare percezioni, a suggerire forme vitali di politica e di polis. A generare spazio pubblico, sempre diverso, ancora e ancora.

– Helga Marsala

testo e fotografie da: Artribune, 16 dicembre 2019

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