dell’Attasso, di Riccardo Quadrio. (no, niè, non “me la fido” a trovare un titolo spiritoso perchè ancora sto ridendo alla lettura dell’articolo)

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Panormo felix, oggi mi piace scrivere dell’ ”Attasso”.

“Attassare” è una voce verbale utilizzata sia a Palermo che a Napoli, ma con significato coincidente solo se inteso come “raggelare, agghiacciare, arrestare la circolazione del sangue per paura o altro” (cit. Giuseppe Giacco, “Schedario Napoletano”, 2003) e, di conseguenza, l’attasso viene definito come uno “spavento improvviso che arresta la circolazione del sangue”.

Il siciliano, per “attasso “, non intende solo il blocco emodinamico conseguente ad uno spavento (come, per esempio, quello causato dall’amato nipotino che decide di far esplodere con le sue tenere manine, dopo averlo gonfiato con la bocca, il sacchetto di patatine, il tutto mentre si percorre a 120 km/h la A19 Palermo-Catania: in tale circostanza, infatti, il complemento oggetto viene esplicitato: “m’attassò ‘u sangu!”, “mi facisti attassare ‘u sangu!”).

L’attasso è anche quella forza, quell’energia capace di causare, contro la nostra volontà, uno o più eventi avversi: una sorta di iattura, di maledizione, di maleficio.

L’attasso non può ridursi al concetto di “sfortuna”, di natura meramente probabilistica; l’attasso è sempre ascrivibile a qualcuno che, in barba a Gauss ed a qualunque altra probabilistica legge che lega gli eventi al caso, ha il potere di sprigionare un energia tale da condizionare non positivamente l’altrui destino: il cosidetto “porta attasso”, ovvero quello sciamano siciliano dedito all’altrui malessere, capace di scatenare negatività attraverso i suoi mòniti (quasi sempre elargiti anche se non richiesti), le sue sibilline parole, o anche solo con il suo sguardo.

L’etimologia di “Attasso” è riconducibile al greco “Thapsos”, albero di alto fusto delle ombrellifere, dal legno di colore pallido e livido (e già basterebbe il solo cromatismo ad evocare eventi nefasti) da cui veniva ottenuto un colorante utilizzato per tingere di giallo i tessuti, ma anche un’essenza, un veleno vegetale che veniva utilizzato per la pesca: detta essenza, una volta versata in acqua, aveva il potere di intorpidire i pesci senza ucciderli; bastava quindi “attassare” l’acqua per ottenere un abbondante pescato.

Tale metodo di pesca – tanto antico quanto a dir poco discutibile – continuò ad essere praticato per secoli, fino a quando non venne pubblicamente vietato con il “Regni Siciliæ Pragmaticarum Sanctionum”, promulgato a Palermo l’undici giugno 1507 dal Viceré Don Raimondo di Cardona, che dichiarò perseguibile e sanzionabile con il taglio della mano l’azione di coloro che “per cupidità, così in essa, di prender pesci, anguille, et altre pescane non timendo Iddio, ne la giustizia, presumine quolibet anno attassare i fiumi e fontane di questo Regno , con diversi tassi et herbe velenose; per modo, che tanto huomini, e donne, quanto animali, massime vacche, pecore, capre e giumente, venendo a bevete in quelli s’attassano e vengono a morire in numero copioso (…)”

Il Thapsos, chiamato “Taxus”in latino, era noto anche ai Romani, che lo utilizzavano per ricavarne una freccia micidiale, detta “toxicum”, a causa della tossicità del legno di detto malefico vegetale.

Orbene, osservo… dovendo scegliere fra l’essere trafitti da una freccia velenosa e l’essere vigliaccamente catturati, a causa di un intorpidimento indotto che impedisce di difendersi… se questo non è “attasso”, come lo chiamereste?

(p.s. a riguardo, ricordo che un caro amico di infanzia mi raccontò che, in occasione del suo viaggio di istruzione scolastico (correva l’anno scolastico 1984-85), il Preside – che non aveva mai partecipato ad una gita – decise di unirsi agli studenti per la gita in Grecia: stranamente, il viaggio fu costellato da una serie di eventi tanto fortuiti quanto spiacevoli, che vanno dal blocco del turbocompressore del pullman neanche arrivati a Cefalù (e al conseguente mostruoso ritardo nell’imbarco sulla nave da Brindisi alla volta di Igoumenitsa) fino alla perdita di gasolio dal serbatoio del pullman (sostitutivo) nel di esso bagagliaio, che ha reso inservibili tutto il contenuto – souvenir compresi – delle valigie degli studenti; uno di questi, esasperato, decise di segnare, con una bomboletta spray, la fiancata del bus con la scritta: “il Preside porta attasso, scarrichiamolo a Patrasso”…)

Riccardo Quadrio

attasso

(immagini tratte dal web, non conosciamo gli autori cui riconosceremo i credits se ci vorranno contattare)

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