Attìa, Curò!

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Attìa, curò!

Il kouros è stato presentato a Palermo, a Palazzo Branciforte, dove si potrà visitare fino al 13 gennaio nell’ambito della mostra “Il kouros ritrovato”

Aspetta… ma ché, sei fissato coi Greci?! Che c’entrano i Greci, mi direbbe l’altro Marcello, il mio omonimo…
Coincidenze, gli risponderei. Ed è vero. Il fatto è che questo evento mi ha fatto ricordare una vecchia storia che accadde in Grecia. Ma andiamo ai fatti:

Il torso del kouros di Lentini e la Testa Biscari erano appartenuti a un’unica statua di età greca.
Sono stati ricongiunti grazie al sostegno di Fondazione Sicilia.
Il kouros è stato presentato a Palermo, a Palazzo Branciforte, dove si potrà visitare fino al 13 gennaio nell’ambito della mostra “Il kouros ritrovato”.

Questo importantissimo intervento archeologico e la geniale opera di ricostruzione del Kouros da due pezzi erroneamente ritenuti di statue diverse, mi ha fatto balenare alla mente il racconto del mio amico Nino che diversi anni fa era andato in vacanza in Grecia.

Sole d’agosto, isole meravigliose, veneri seminude sulla sabbia rovente, mare cristallino: Nino mi raccontava beato di quel viaggio meraviglioso. Aveva conosciuto una ragazza del luogo carina e simpatica, con la quale parlava un po’ in inglese ed un po’ in greco moderno.
Nino se la cava bene con le lingue avendole studiate ed avendo viaggiato molto.
Se ben ricordo, la ragazza gli disse di chiamarsi “Gavrila” o “Sgavrula“, usando però una nota di disappunto. “Vabbè, Crocifissa, questo vuol dire da noi”, disse Nino. “Sai quanti nomi curiosi abbiamo in Sicilia?” Nino elencava nomi come Derelitta, Provvidenza, Assuntina, Crocifissa, Incatenata.
E risero insieme mentre bevevano qualcosa di fresco nel piccolo bar dell’isoletta.
Ad un tratto entra un ragazzo locale vestito da muratore, il tipico giovane manovale dal fisico perfetto (un “picciuttunazzo” diremmo noi) guardandosi in giro con l’aria di chi cerca qualcuno.
Gi anziani avventori del piccolo bar, che evidentemente lo conoscevano, gli dicono ridendo, “ti tèleis curò“! Traduzione: “che vuoi, curò”
…l’altro Marcello mi fa notare: cchi cci talii, curò! preciso-preciso, perchè taliare in siciliano e teleis in greco hanno lo stesso significato.
Nino si volta stupito e capisce. Curò, si proprio il nostro “attìa curò!”
“Curò”, è il Kouros e si pronuncia curò. In siciliano vuol dire curò. E’ la stessa cosa. E’ il “biddazzo” (bellone) + “picciuttunazzo” (ragazzone) = “curò”.

Il Kouros rappresentava anticamente l’ideale di bellezza e veniva raffigurato nelle statue neoclassiche.

Noi lo abbiamo sempre chiamato còuros, storpiandone la pronuncia.
Vuoi che i Greci, che hanno stabilito le leggi della fisica, creato teoremi matematici, posto le basi per la filosofia e le arti, avessero un alfabeto a muzzo?! Cioè avevano due diverse lettere che si pronunciavano allo stesso modo? Due diverse “E”, due diverse “O”, “T”, “U”, “S”… e secondo noi si leggevano allo stesso modo? E che erano scemi?! Non era così e gli archeologi lo sanno.

κοῦρος si legge Curò ad a Palermo lo sappiamo bene…

A Palermo probabilmente Curò e Suca sono le due parole più usate.
Curò è anche l’aquilotto-mascotte Palermo Calcio, e curò lo abbiamo ricevuto come epiteto un po’ tutti.

Attìa, Curò! Vedi che la presentazione a Palazzo Branciforte si conlcude fra poco, conviene andarci subito.
https://www.google.com/maps/place/Museo+Palazzo+Branciforte/@38.1212979,13.3600724,17z/data=!3m1!4b1!4m5!3m4!1s0x1319e5f437492867:0x928508e99b7f8eab!8m2!3d38.1212979!4d13.3622611

Marcello Troisi


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