New York ? No, Palermo, di marcello mussolin (al Museo Salinas)

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New York? No, Palermo

Il museo Salinas, ormai dovreste saperlo, è una delle nostre mete preferite. Andiamo lì di tanto in tanto, e ci divertiamo a trovare sempre nuovi spunti e “cose” da fotografare. Marcello Troisi, poi, ha scritto un gustosissimo pezzo su greci, etruschi, paladini di Francia: insomma, una goduria per gli occhi e la mente.

Ma… il carretto siciliano l’hanno inventato i Greci? – di Marcello Troisi

Ma oggi…

Antonella ed io, invitati dagli organizzatori di Manifesta 12 alla presentazione della mostra diEvgeny  Antufiev (When  Art  became part  of  the Landscape.  Chapter  I), forse eravamo un po’ prevenuti. La solita esposizione di sculture, due parole di presentazione e via tutti al banchetto. Invero buonissimo, curato com’era da Cappello. Ma senza la setteveli. O almeno, io non l’ho vista.

Ed invece ci siamo trovati di fronte alla più variegata, entusiasta e eterogenea folla di turisti, artisti, esperti d’arte, amatori e cultori che si possa immaginare.

Una babele di lingue, una sfilata di personaggi incredibili: inglesi, francesi, giapponesi, americani, tedeschi, spagnoli. Sembrava, per l’appunto, un evento del MoMa, piuttosto che una “cosa” palermitana.

Un tocco di modernità in un museo archeologico.

Noi palermitani, si sa – ne ho pure scritto – siamo pronti a difendere a spada tratta la nostra città e le nostre usanze, ma solo quando a criticare sono “gli altri”. Ma, quando siamo noi a dover parlare di noi stessi,  siamo sempre impietosi: Manifesta? Uno spreco di soldi. Palermo Capitale della Cultura… seee , della munnizza vorrai dire: è sempre la solita storia. E la colpa è sempre di qualcun altro.

Abituati a gestire la “Grande Bruttezza”, per dirla con  Sorrentino, abbiamo perso di vista la Grande Bellezza delle nostre cose. Il Museo Salinas è una di queste.

La sua splendida Agorà: uno spazio, un cortile, precedentemente chiuso ed adibito a ricovero di carrozze antiche, oggi restituito alla fruizione del pubblico, coperto in alto da una struttura trasparente, fonte di luce che illumina in modo pressocchè uniforme tutti gli spazi, entro il quale è stato ricostruito il frontone del tempio C di Selinunte con la Maschera della Gorgone.

Al lato, la teoria di teste leonine che, nei templi greci, avevano la funzione di gronde di scolo delle acque piovane ma che oggi stanno lì a testimonianza perenne della grandiosità dell’arte greca.

E tutto il museo “gira” intorno alla sua Agorà, con i suoi reperti, le sale anch’esse ricostruzione delle antiche costruzioni e i suoi video ad illustrarne la storia.

 Spazio perfetto per la esposizione di Evgeny  Antufiev: il suo intervento all’interno del percorso espositivo museo  archeologico -leggiamo nelle note gentilmente  forniteci da “Manifesta 12” – vuole  sottoporre  questo assunto  a  un’affascinante  e stimolante verifica.

La  mostra ci  offre  così una  particolare rivisitazione  del concetto  stesso  di collezione  archeologica,  che diviene  premessa  ed estensione  del  lavoro di un  artista  dei nostri  tempi.  Secondo questa  visione  il  museo  archeologico diventa  a  tutti gli  effetti  un  museo  d’arte  contemporanea,  perché  –  per dirla  con  le parole  di  Antufiev  – ”Noi  siamo  contemporanei di  tutta  l’arte  che  ha  visto la  luce  e si  è  conservata

Le sue teste, i suoi leoni, le sue barche, sicuramente contemporanei, si sposano in modo intelligente e vincente con gli omologhi del museo, a costruire una sorta di fil-rouge che dalla preistoria, passando attraverso le varie tappe del percorso artistico dell’umanità, giunge ai giorni nostri.

Un evento, per riprendere quella sensazione di “internazionalità” e di “modernita” cui sopra accennavamo, che ci dimostra vieppiù come – a nostro giudizio – debba essere fruita l’arte: uno spazio in cui i visitatori siano attratti dalle opere in esposizione, ma siano anche liberi di rilassarsi magari leggendo un libro, o incontrare gli amici o sedersi a guardare i video che illustrano la vita dei nostri progenitori, e le loro opere d’arte coloratissime, distanti anni luce dai reperti color pietra che oggi possiamo osservare quando, in modo spesso distratto, passeggiamo in uno dei mille parchi archeologici del nostro paese, e di Selinunte in particolare.

Nelle foto, uno spaccato di quanto vi ho raccontato sopra.

A presto.

Ah: stavo per commettere un errore imperdonabile. Volevamo ringraziare la direttrice dott.ssa Francesca Spatafora per la disponibilità ed il personale tutto, che ha accompagnato i visitatori con bravura, pazienza ed – oserei dire – affetto.

Marcello

New York ? No, Palermo, di marcello mussolin

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